Durante l’attività di investimento, anche sotto forma di trading, uno dei problemi più comuni riguarda l’applicazione della clausola di stop loss.
Spesso affrontata in maniera informale, sono numerosi gli investitori che gli danno “del tu” come se fosse uno strumento di semplice e scontata interpretazione. Per poi accorgersi che in realtà, come tutte le clausole, può rivelare sofisticazioni, nella sua applicazione, che dovrebbero essere ben conosciute.
Di fatto la stessa convinzione di conoscere il settore degli investimenti e di essere esperti anche negli strumenti a disposizione, come appunto lo stop loss, spinge talvolta il risparmiatore ad avventurarsi in reclami e ricorsi all’ACF destinati all’inevitabile insuccesso. A volte anche catastrofico perché obbligano l’arbitro a spiegare un ovvietà.
Il saggio difensore deve evitare di esporsi a questi errori.
In questo breve e sintetico articolo prenderò quale esempio una classica posizione lunga detenuta in CFD (Contract For Difference) sul cross valutario EURO/USD.
Orbene la critica più generica (e destrutturata di fondamenti) che purtroppo spesso è la conseguenza del “fai da te” parte dal presupposto di censurare l’operato dell’intermediario apostrofandolo come scarsamente trasparente e scorretto laddove, ad avviso del risparmiatore “tradito” questi avrebbe dovuto preavvertirlo e chiedere il suo previo consenso prima di chiudere le posizioni, ovvero per ripristinare i margini. Si può trovare anche la presunta criticità di chi sostiene come il consenso, in ordine alle operazioni di chiusura con attivazione dello stop loss sarebbe previsto contrattualmente per singole operazioni “e non sull’intero aggregato”.
Nulla di più errato e impostato in maniera sbagliata.
Giova ricordare, a tal proposito, che per quanto riguarda lo stop loss trattasi di una clausola di protezione che consiste in un ordine condizionato di chiusura della posizione, che si attiva automaticamente al raggiungimento di un prezzo pari o superiore (nel caso di posizione short) o pari o inferiore (nel caso di posizione long) ad un prezzo determinato sulla base della percentuale di margine selezionata dal cliente in fase di apertura della posizione.
Quasi certamente il Cliente ha sottoscritto un contratto nel quale è indicato, nelle condizioni contrattuali regolarmente sottoscritte dal risparmiatore, che tutti i CFD con il medesimo sottostante e medesima durata sono considerati come un’unica posizione che può essere ridotta, incrementata o chiusa dal cliente, con contestuale adeguamento dei margini versati e del prezzo soglia dello stop loss. Prima cosa da fare pertanto è assicurarsi che ci sia questa previsione che potrebbe spiazzare le pretese del risparmiatore tanto in sede di reclamo quanto (ancora di più) nel successivo ricorso ACF.
Inoltre, con ogni probabilità, nella fase genetica del rapporto il Cliente, al tempo, potrebbe aver reso dichiarazioni in ordine alla corretta ricezione, attenta lettura, comprensione ed accettazione delle Condizioni Generali. Parti integranti del contratto, nonché funzionali a operare su strumenti derivati (spesso può esserci anche il documento “Integrazione Contrattuale Derivati”), tra cui i CFD.
Andrebbe quini tenuto conto che:
1) Il CFD su cambi valutari è uno strumento derivato negoziato in contropartita diretta, che quota il prezzo denaro/lettera avendo riguardo alle prevalenti condizioni di mercato, determinate dagli scambi dei principali operatori. Le negoziazioni sui cambi sono over the counter, non esistendo un sistema di scambi regolamentato e, conseguentemente, un prezzo ufficiale.
2) L’operatività si svolge in marginazione, quindi, con un impiego di liquidità limitato ad una percentuale del controvalore, e può essere intraday o multiday.
3) Ad una posizione su CFD su cross valutari viene associato un ordine di stop loss automatico, ovverosia un ordine condizionato che si attiva al raggiungimento di un prezzo pari o inferiore (nel caso di una posizione lunga come nel caso in esame) a quello determinato sulla base della percentuale di margini selezionata dall’investitore all’apertura della posizione.
4) Trattandosi di ordini con parametro “al mercato”, non può essere garantita l’esecuzione dello stop loss al prezzo soglia che determina l’attivazione dell’ordine.
Orbene, un’attenta lettura del proprio contratto, delle proprie condizioni e una simulazione, come ormai se ne usano spesso, rivelerebbe con estrema facilità al risparmiatore come la strategia di aggredire in questo modo l’operatività di una clausola di stop loss corre il rischio di essere assai poco efficace.
Facilmente infatti l’Intermediario traghetterà il Giudicante verso la sua posizione facendo buon uso di due considerazioni basilari:
1) l’attivazione dello stop loss associata ad una posizione su CFD è automatica quando la quotazione del prezzo denaro, nel caso di una posizione lunga, sia uguale o inferiore al prezzo soglia determinato sulla base della percentuale di margini prescelta dall’investitore;
2) le posizioni dello stesso tipo (long o short) su CFD aventi il medesimo sottostante e la medesima durata (in particolare multiday) sono considerate come un’unica posizione presa a riferimento per il calcolo del prezzo soglia dello stop loss.
Sono argomentazioni che pur se apparentemente simili a quelle di chi “attacca” manifestano una diversa valenza in “difesa”. Più premiante. In larga parte per via del fatto che l’operatività e la comprensione di questa clausola vengono ormai considerate un unicum tale per cui é sconsigliato procedere con un impostazione che sconta una diversa interpretazione che sostiene maggiormente le ragioni della difesa. In questo caso dell’Intermediario.
Il tutto a margine della considerazione che, come un qualunque grafico potrebbe dimostrare, le negoziazioni sui cambi valutari avvengono, come già sopra rilevato, over the counter e i prezzi esposti replicano le prevalenti condizioni di mercato, basate sugli scambi comunicati dai principali operatori di settore.
E’ davvero controproducente percorrere questo genere di strategie difensive, non solo nel caso degli stop loss sui CFD ma più in generale ogni volta che la presunta diatriba si sposta sull’esecuzione della clausola, attesa la sua natura e applicazione dal punto di vista dell’operatività contrattuale.
Avv. Marco Solferini.
