L’acquisto di obbligazioni subordinate: obblighi informativi essenziali e responsabilità

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L’acquisto di obbligazioni subordinate è considerato “complesso”. Questo significa che è portatore di alcuni elementi di non facile comprensione per il risparmiatore.

E’ una consapevolezza invincibile? Ovviamente no. Ma stabilisce un parametro di maggior prudenza che nella fase genetica dell’investimento ci porta a orientare la strategia della difesa osservando attentamente il meccanismo decisionale. Secondo una serie di indici che non si limitano soltanto alla documentazione ma guardano anche al profilo dell’investitore dal punto di vista oggettivo.

In quest’ottica vale la pena sottolineare il consolidato orientamento tale per cui l’intermediario prestatore dei servizi è tenuto a fornire, di volta in volta, idonea evidenza di aver assolto gli obblighi informativi precontrattuali “in concreto”.

Dunque non solo in modo meramente formalistico e rituale.

Questo per via del fatto che solo il loro idoneo assolvimento può consentire al cliente di valutare le reali caratteristiche dell’operazione che si accinge a compiere e, conseguentemente, permettergli di compiere una scelta d’investimento consapevolmente orientata (e informata).

Sul punto il collegio ACF è da sempre ben chiaro affermando: “la non derogabile esigenza che venga richiamata l’attenzione del cliente, nella fase genetica dell’investimento, sulle particolari caratteristiche che connotano lo strumento finanziario d’interesse”.

Significa che non è sufficiente spiegare la natura del prodotto finanziario subordinato al Cliente o propinargli alcune frasi modello Faq preordinate a metterlo in allerta. La paura è certamente saggezza verso il pericolo ma, come si evince più volte dalle indicazioni in proposito provenienti dall’U.E e in particolare dei numerosi lavori dell’ESMA, un risparmiatore non sarà necessariamente informato se intimorito. E non vale nemmeno l’idea che un risparmiatore sarà più propenso a informarsi se viene spaventato. In buona sostanza non è utile a nessuno creare apprensione. E di certo non ha nulla a che vedere con il principio dell’autoresponsabilità o della consapevolezza.

Bisogna invece dettagliare, spiegare, argomentare e fare ricorso a un gergo che empaticamente cerchi di far capire alcuni aspetti essenziali e irrinunciabili dell’investimento. Trasmettendo la conoscenza di elementi imprescindibili. Che non possono essere ignorati. Per esempio nell’ambito delle obbligazioni subordinate la eventuale presenza di clausole di subordinazione, con idonea disclosure delle relative implicazioni.

In linea con questo ragionamento, che cerca di fare di razionalità virtù, si rammenta come in molti casi il collegio ACF abbia seguito questo orientamento: “non possono, all’evidenza, dirsi esaustive del compiuto adempimento degli obblighi informativi discendenti dalla normativa di settore le dichiarazioni, pure sottoscritte dai clienti, di aver ricevuto ab origine il “Documento generale di informativa” e di essere stati adeguatamente informati sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni discendenti da un’operatività su strumenti finanziari”.

Se quindi non vengono rispettati i canoni ermeneutici di condivisione e spiegazione che sono gli unici idonei a informare o quantomeno a rendere adeguatamente informato il risparmiatore, l’intermediario è tacciabile di non aver operato in modo accorto e responsabile nell’interesse della controparte. Il che si traduce nel presupposto che il suo operato possa essere valutato come gravemente deficitario. Anzitutto (essenzialmente) sotto il profilo informativo genetico dell’investimento. Non avendo consentito al Cliente di poter pervenire a scelte fondate su un set informativo tale da renderlo preventivamente e compiutamente edotto delle caratteristiche e delle implicazioni, come detto anche solo potenziali, discendenti dall’investimento di cui trattasi avente natura peraltro complessa.

Avv. Marco Solferini