Legge sull’arbitrato 2025: passo avanti significativo o riforma incompleta?

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Dopo quasi trent’anni, il diritto arbitrale inglese ha subito una revisione di ampia portata con l’emanazione dell’Arbitration Act 2025. Il processo legislativo che ha portato alla riforma è stato approfondito: la Law Commission ha condotto un’analisi articolata, accompagnata da consultazioni estese con gli stakeholder del settore, mentre la comunità arbitrale ha atteso a lungo un aggiornamento sostanziale del quadro normativo. Alla luce dell’entrata in vigore della Legge, sorge quindi un interrogativo centrale: rappresenta davvero il passo necessario per preservare il ruolo di Londra come sede arbitrale di eccellenza o lascia aperti nodi critici che potrebbero comprometterne la competitività futura?

L’Arbitration Act 1996 è stato per decenni un modello di riferimento: chiaro, pragmatico e incentrato sull’autonomia delle parti, con un intervento giudiziario limitato. Questi elementi hanno contribuito a consolidare Londra tra le principali sedi arbitrali a livello globale.

Negli ultimi anni, però, lo scenario internazionale è cambiato. Singapore, Hong Kong e Parigi hanno rinnovato i propri regimi arbitrali, sostenuti da infrastrutture legali moderne e da politiche di forte promozione internazionale. In tale contesto, l’aggiornamento della normativa inglese si presentava non solo opportuno, ma anche necessario per mantenere la competitività del sistema.

La riforma assegna agli arbitri un nuovo potere: il rigetto di domande o difese prive di “reali prospettive di successo”. Lo scopo è eliminare rapidamente le pretese infondate, riducendo i tempi e i costi. Tuttavia, l’adozione di un test giudiziario inglese ha sollevato dubbi sulla sua idoneità agli arbitrati internazionali e sulla sua compatibilità con i principi di equo processo.

La Sezione 6A fornisce una risposta a un tema controverso: quando il contratto principale e la sede dell’arbitrato appartengono a ordinamenti diversi, la legge applicabile alla convenzione arbitrale è, salvo diverso accordo espresso, quella della sede arbitrale.

La Legge limita la possibilità di impugnare decisioni arbitrali sulla giurisdizione: i tribunali devono attenersi al materiale probatorio già disponibile, salvo che per il ricorrente sia impossibile ottenere nuove prove con ragionevole diligenza. L’obiettivo è prevenire duplicazioni processuali.

Viene codificato l’obbligo degli arbitri di rivelare qualsiasi circostanza idonea a sollevare dubbi sulla loro imparzialità, rafforzando la fiducia e la trasparenza.

La Legge potenzia l’efficacia delle decisioni degli arbitri d’urgenza e conferma il potere dei tribunali di concedere provvedimenti cautelari nei confronti di terzi, in linea con le prassi internazionali più moderne.

È rafforzata la protezione degli arbitri da responsabilità connesse alle dimissioni o ai procedimenti di rimozione, salvo malafede, a tutela della loro indipendenza operativa.

Pur rappresentando un passo avanti, la riforma resta prudente e non affronta alcune questioni di crescente rilevanza.

La Legge non contiene alcuna disciplina sull’uso dell’IA nell’arbitrato, nonostante gli strumenti generativi siano sempre più rilevanti nella redazione delle memorie, nella valutazione delle prove e nella preparazione dei lodi. Diverse istituzioni e giurisdizioni stanno già sviluppando linee guida specifiche per garantire trasparenza e integrità. Il silenzio della normativa inglese appare quindi un’occasione mancata.

Il ruolo dei segretari, sempre più centrale nei procedimenti complessi, non è disciplinato: restano prive di regolamentazione la loro nomina, la portata delle loro funzioni, gli obblighi di disclosure e persino la questione dell’immunità. L’assenza di un quadro normativo in un settore così delicato genera un evidente vuoto regolatorio.

La Legge non chiarisce se e in che modo i regimi sanzionatori internazionali debbano applicarsi ai procedimenti arbitrali. Considerato il crescente impatto delle sanzioni sul commercio globale e il fatto che l’UE ha già adottato misure rilevanti in materia, la mancanza di linee guida rischia di indebolire la prevedibilità e l’attrattiva di Londra come sede d’elezione per controversie internazionali.

L’Arbitration Act 1996 era apprezzato anche per la sua coerenza interna e per la struttura unitaria fondata su principi generali chiari. La nuova riforma, invece, appare come un insieme di interventi incrementali, stratificati nel tempo. Molti osservatori ritengono che questo fosse il momento ideale per una riscrittura organica della legge, capace di integrare trent’anni di evoluzione giurisprudenziale e di prassi arbitrale.

Il primato di Londra come sede arbitrale non è più incontestabile. Singapore, Hong Kong, Parigi e Dubai stanno investendo in modo significativo per posizionarsi come hub arbitrali innovativi ed efficienti.

La riforma rafforza diversi punti di forza del sistema, ma resta il dubbio che interventi incrementali non siano sufficienti a garantire un vantaggio competitivo duraturo in un mercato globale sempre più dinamico.

L’Arbitration Act 2025 rappresenta un aggiornamento significativo e migliora diversi aspetti essenziali del sistema arbitrale inglese. Tuttavia, il suo approccio prudente e le aree non affrontate, in particolare quelle relative alla tecnologia, all’IA, alla delega di funzioni e alle sanzioni, rendono probabile la necessità di ulteriori interventi nel breve-medio periodo.

L’arbitrato inglese resta una scelta solida, efficiente e affidabile. Ma la sua capacità di mantenere un ruolo di leadership globale dipenderà dalla rapidità con cui saprà continuare ad adattarsi alle nuove sfide.