
Nel panorama attuale del commercio globale, i dazi doganali non rappresentano più soltanto una misura economica, ma sempre più spesso si configurano come strumenti geopolitici in grado di influenzare profondamente le dinamiche dell’export, la competitività delle imprese e l’identità produttiva di interi Paesi. L’Italia, con il suo patrimonio industriale fondato su eccellenza, artigianalità e qualità, è particolarmente esposta a queste dinamiche.
Nei settori chiave del Made in Italy – agroalimentare, moda, meccanica, ceramica, arredo – i dazi possono tradursi in un vero e proprio ostacolo strutturale. Basti pensare al caso emblematico dell’export di Parmigiano Reggiano e vini italiani negli Stati Uniti, penalizzati da sovrapprezzi che ne compromettono l’accessibilità per il consumatore finale. Oppure ai macchinari industriali ad alta tecnologia, dove una tassazione aggiuntiva può far sfumare commesse milionarie a favore di concorrenti extraeuropei.
Tuttavia, l’arretramento non è un’opzione. Le imprese italiane possono – e devono – reagire con una strategia articolata e lungimirante, capace di trasformare l’ostacolo in opportunità.
Le leve strategiche per le PMI italiane
- Raccontare l’identità del prodotto
I beni Made in Italy non sono semplici prodotti: sono portatori di cultura, bellezza, maestria. Ripensare il marketing e il posizionamento internazionale significa valorizzare l’anima di ciò che si esporta, trasformando l’aumento di prezzo legato ai dazi in un differenziale positivo legato alla qualità e alla storia che essi rappresentano. - Creare “laboratori territoriali” di export design
Le PMI devono essere accompagnate nella rilettura del proprio prodotto in ottica internazionale, con supporto tecnico, normativo e di branding. L’obiettivo è sviluppare un export “a prova di dazio”, senza snaturare l’identità italiana, ma adattandola con intelligenza alle esigenze dei mercati target. - Esportare conoscenza, non solo beni
Se i prodotti fisici incontrano barriere, l’intelligenza progettuale, il design, la capacità ingegneristica non hanno confini. Joint venture, trasferimento tecnologico e accordi produttivi locali possono rappresentare una strategia efficace per mantenere il valore italiano nel mondo anche in presenza di ostacoli doganali. - Costruire reti di alleanza
Il tessuto imprenditoriale italiano può trarre grande vantaggio dalla cooperazione orizzontale: consorzi per abbattere i costi di logistica e dogane, piattaforme condivise di promozione, lobbying collettivo per l’accesso ai mercati strategici.
Il caso Regno Unito: il modello Starmer per rilanciare l’export
Uno degli esempi più recenti e virtuosi di risposta sistemica ai dazi è rappresentato dal Regno Unito, che, dopo le difficoltà legate alla Brexit, ha adottato una strategia pragmatica sotto la guida del primo ministro Keir Starmer per rilanciare l’export verso gli Stati Uniti.
Il piano britannico si fonda su tre pilastri:
- Incentivi fiscali mirati, attraverso crediti d’imposta per le aziende che investono nell’adattamento tecnico e normativo dei propri prodotti agli standard USA.
- Semplificazione delle certificazioni, con programmi dedicati alla conformità internazionale, in particolare per le PMI.
- Trade Acceleration Hubs, sportelli territoriali di consulenza specializzata che supportano le imprese su tutti gli aspetti dell’export: dal mercato alla logistica.
A questo si aggiunge una sinergia pubblico-privato esemplare: enti locali, associazioni di categoria, camere di commercio e reti imprenditoriali coinvolte attivamente per facilitare la penetrazione nei mercati esteri, creando un ecosistema coeso e reattivo.
Cosa può fare l’Italia?
L’Italia può guardare con attenzione a questo modello. È urgente:
- Istituire un fondo nazionale per l’export resiliente, volto a sostenere le PMI nei costi di certificazione, formazione, digitalizzazione e internazionalizzazione;
- Potenziare il ruolo delle associazioni di categoria come hub di competenze, contatti e supporto tecnico;
- Responsabilizzare gli imprenditori nella costruzione di una strategia condivisa, dove la competitività si costruisce anche grazie all’unità e alla visione collettiva del Made in Italy.
I dazi non scompariranno, così come non lo faranno le tensioni internazionali. Ma proprio da questi ostacoli può nascere un nuovo slancio per l’economia italiana. Le imprese che sapranno innovare, cooperare e raccontare il proprio valore avranno la possibilità non solo di sopravvivere, ma di consolidare la propria presenza globale.
In un mondo fatto di barriere, il Made in Italy ha ancora tutte le carte in regola per costruire ponti.
A cura di Marina d’Angerio
Dottoressa Commercialista e Chartered Accountant in Londra